Tavolozza di coloriBuon pomeriggio. Sono onorata di aprire il ciclo delle testimonianze di questa Festa dell’Oncologia e sono altrettanto onorata di far parte del “Gruppo Abbracciamo un Sogno”. Questa Festa dell’Oncologia è intitolata “RICOLORIAMO LA VITA”.

Io vorrei subito mettere l’accento sul plurale dei verbi ABBRACCIAMO e RICOLORIAMO. Perché personalmente questo plurale è fondamentale. Io da sola non potrei mai abbracciare il sogno di ricolorare la mia vita dopo quello che io chiamo K. K è la sigla che i medici utilizzano per identificare la malattia, il cancro. Da qualche mese io ho aperto una pagina facebook intitolata “Roba di k” nella quale racconto il mio mondo, la mia vita dopo k.

Oggi vi racconterò i miei colori della malattia partendo dal CELESTE. Perché quando K è arrivato la mia vita si era colorata di celeste con la nascita del mio secondo figlio Alberto, arrivato dopo 3 anni dalla nascita di Jolanda, la mia esperienza più ROSA. Ho scoperto K quando Alberto aveva 8 mesi, mentre lo allattavo. Ho sentito dei nodulini al seno e speravo che fossero depositi di latte. Molto spesso, ancora oggi, quando abbraccio i miei sogni più belli, ripenso al giorno dell’esito di quella mammografia e vorrei poter avere una bacchetta magica che faccia pronunciare al medico che mi diede il verdetto le parole: “signora, non si preoccupi, è solo latte”.

Invece latte non era. Era l’inizio di  K. Una storia che probabilmente ho sempre saputo che avrei vissuto. Da allora non ho mai visto NERO. Nella mia vita il nero non deve esistere per principio. Tutt’al più ho visto il grigio. Ma era il grigio della nebbia milanese che in un pomeriggio di novembre ha portato via quei nodulini dal mio seno. E poi, da allora, ho iniziato a dare colore alla mia vita.

Sono sempre stata convinta che il destino sia uno di questi album da colorare per i bambini. Il destino disegna i contorni, noi coloriamo l’interno. E così ho fatto e faccio anche ora che K è con me. Anche quando mi accorgo che per andare avanti metto delle pezze, quelle pezze devono essere colorate.

Qualche mia amica mi chiama SOLE. In effetti il GIALLO è il mio colore, da sempre. Io porto il sole dentro di me… da novembre ancora di più vivo come i girasoli, cercando ovunque raggi di sole da presentare a chi ha a che fare con me. La mia famiglia, i miei parenti, i miei amici, i miei conoscenti, i fan della mia pagina sembrano trarre forza dal mio sorriso. Il sorriso è l’arma che ho deciso di usare contro K.

Perché K non può spegnermi, K è il mio insaporitore di vita.

ARANCIONE:  l’arancione è il colore della mia cucina un po’ vintage che ho sempre odiato. Ma ora è la mia abitudine, il mio mondo, la mia famiglia. Colazioni, pranzi e cene che sono diventate di nuovo rito dopo la routine. Le arance che piacciono tanto ai miei bambini.

ROSSO:  è l’amore. Mi ha dato l’opportunità di appurare, confermare quanto io abbia seminato nella mia vita, soprattutto a livello umano, mi dà conferme ogni giorno di quanto avessi ragione ad apprezzare, anche in tempi non sospetti, il miracolo di ogni giorno e di ogni incontro con le persone. Avevo ragione io. Visto che avevo capito tutto, potevo pure evitarmi queste conferme, ma… accetto.

L’accettazione è VERDE. Verde come la speranza, come il militare che combatte, come l’amore per il prossimo impersonificato dal camice di Dolores. Giorni fa, dopo un ricovero, la prima cosa che ho fatto a casa è stata quella di mettermi uno smalto verde… Speranza da capo a piedi. Accettazione e adattamento alle sfide.

MARRONE:  il castano dei miei capelli. Tanto amati capelli, la paura di perderli, ma l’entusiasmo addirittura di far fronte al problema, di sfidare le apparenze, gli sguardi della gente… con turbanti, cappellini, cuffiette, parrucche. Io che non ho mai osato nulla quanto a chioma. A Milano facevo ridere i medici perché, prima di capire come sarebbero andate le cose, dicevo che non mi sarei fasciata la testa prima di perdere i capelli… col mio solito modo di affrontare le cose volta per volta. I capelli poi sono caduti eccome. Ma l’ho vissuta meno male di quanto avrei creduto. Qualcuno che mi vuole molto bene, forse troppo, un giorno, vedendomi senza capelli mi ha detto che un bel quadro è bello anche senza cornice. Aveva ragione. Mi sono impegnata a rimanere un bel quadro, a credere che in fondo posso essere bella anche così. E molto spesso mi sono stupita nel vedermi ancora più bella di quando non avevo K attaccato a me.

Misteri dei colori della malattia.

VIOLETTO:  è il colore delle nuove poltrone in cui noi pazienti ci accomodiamo durante le infusioni. È il colore dell’appoggio morale, la culla di nuove amicizie, dell’imparare e dell’insegnare, della condivisione.

BIANCO:  come gli angeli che ho incontrato e che continuo ad incontrare nel mio percorso. I camici bianchi, in particolar modo. Medici giovani o anziani, appassionati, di grande umanità. Prima tra tutte la mia oncologa. Mai e poi mai avrei creduto di essere seguita da un angelo del genere, da una minuta e bionda dottoressa, rassicurante come una sorella, comprensiva e complice come un’amica di vecchia data. Gran bell’esempio di una generazione che ha voglia di fare e di dare.

E i miei angeli non sono solo nelle corsie degli ospedali. Sono a casa, attorno a casa. Sono lo stuolo degli angioletti terrestri che rendono facile e pure divertente, leggero e naturale, il mio difficile percorso. Spesso mi chiedo se gli angeli del Paradiso possano davvero eguagliare quelli terrestri perché alle volte sembra davvero impossibile.

Non so dare colore ai miei momenti  NO. In realtà quelli sono i momenti dell’arcobaleno. In genere mi concedo di piangere ogni  10  giorni circa. Quando le goccioline delle mie lacrime si incontrano con il potere dei raggi del mio sole, è arcobaleno. Non può essere diversamente, l’arcobaleno è uno sfogo, è l’epilogo di parte del colore e l’inizio di ogni ripresa. E quando non so come colorare il mio mondo lo coloro di indaco. Quel cavolo di colore che nessuno sa mai cosa sia… Dovrebbe essere un azzurro. Be’, ci sta col sole e con l’arcobaleno!

Infine per concludere, prima di tornare all’Hotel Businco che mi sta aspettando anche stasera, mi permetto di dire a tutti voi di non perdervi nella noia del grigio che, alle volte, tinge la vita proprio quando è serena.  Aprite gli occhi. Lasciate a disposizione una bella tavolozza di colori e non aspettate di usarla, usatela e basta.

Le cose possono cambiare da un giorno all’altro e non essere più le stesse per sempre. È vero che si affronta tutto anche con K, ma è anche vero che prima era davvero tutto diverso. Pensateci e tornate a casa rigenerati pronti a vivere e a colorare tutto come viene, come conviene e com’è giusto che sia.